martedì 14 ottobre 2014

Oroscofilosofando: Platone, Toro


Aristocle nacque ad Atene intorno al 428 a. C. sotto il segno del Toro. Da buon taurino godeva di ottima salute e di una sana e robusta costituzione a giudicare dal soprannome che gli fu dato: Platone, lo spallutissimo. Da parte di padre, era discendente di Crodo, l’ultimo re di Atene, da parte di madre aveva avuto come bisnonno del bisnonno Dropide, il fratello del grande legislatore ateniese Solone e poteva anche contare sull’aiuto di zio Carmide e di zio Crizia, due dei Trenta Tiranni di Atene. I nati sotto il segno del Toro sono molto legati alle tradizioni di famiglia che difficilmente cambiano, soprattutto quando si gode di una parentela così influente da far venire voglia di fare politica persino a uno come Platone così profondamente deluso dalla democrazia ateniese per via della condanna a morte del maestro Socrate, che si sarebbe dovuto ritirare a vita privata seduta stante.

Ma i nati sotto il segno del Toro sono per natura testardi e una volta intrapresa una strada difficilmente tornano indietro. Non serve incatenarli e imbarcarli su una nave, come fece Dionigi, tiranno di Siracusa, i taurini non demordono, detestano i cambiamenti e se insistono su una causa è difficile che disperdano i loro interessi. Nella fattispecie, Platone si trovava in vacanza in Sicilia, spinto dalla curiosità di vedere coi propri occhi il cratere dell’Etna, dove si dice che il filosofo agrigentino Empedocle si sia gettato per dimostrare la propria immortalità – anche lui doveva essere del Toro, data la totale mancanza di autocritica che lo rendeva un tantino presuntuoso – e che il vulcano abbia risputato i suoi calzari. Quest’aspetto non è molto da Toro, dato che i nati sotto questo segno di solito sono poco affini ai pettegolezzi, ma questa è un’altra storia. Platone era finito alla corte siracusana su invito del giovane idealista Dione, cognato del tiranno, che si era innamorato delle sue idee politiche e dell’entusiasmo con cui le sosteneva. Nota è a tutti, infatti, la passionalità del Toro e la gelosia nel difendere ciò che gli è proprio. Dione sperava che il cognato, dedito ai piaceri della gola e di letto, si convertisse alla Repubblica dei filosofi. Si dice infatti che Dionigi avesse due mogli, Doride e Aristomache, sposate nello stesso giorno e che le alternava, nei giorni dispari giaceva con Doride in quelli pari con Aristomache, per non arrecare dispiacere a nessuna delle due. A Platone, che da bravo Toro era molto parsimonioso, non piaceva affatto quella vita lussuriosa passata tra i profumi delle donne e i cibi succulenti – si dice che una volta fu imbandito un pranzo che durò novanta giorni. Non poteva certo scorrere buon sangue tra i due e poi per il tiranno di Siracusa l’essere filosofo non era garanzia per un buon trattamento, semmai un lasciapassare per il mercato di Egina. “Vendetelo come schiavo, tanto è un filosofo e non se ne accorgerà nemmeno!” Ah Talete, primo dei filosofi, se non fossi caduto in quel pozzo per scrutare il cielo, forse ora nessuno godrebbe di una tale fama!

Ma il nato sotto il segno del Toro è tenacissimo nel perseguire uno scopo e quando la sorte gli è ostile sa attendere e ricominciare con grande calma senza affaticarsi e senza perdere tempo in inutili lamentele, riesce quasi sempre a tirare fuori qualcosa di buono da una situazione nell’immediato alquanto negativa. Di passaggio a Egina si trovava, infatti, un certo Anniceride di Cirene, fan sfegatato di Platone che non solo pagò il riscatto per la liberazione ma gli donò altro denaro per tornare a casa. Caratteristica del Toro è l’abilità nel saper maneggiare con cura il denaro e così, una volta giunto ad Atene, Platone fondò una scuola, la più importante del mondo antico: l’Accademia. Fu un evento culturale per quell’epoca che gli permise di radicarsi così profondamente nel pensiero occidentale da divenire immortale. Immortale divenne anche un certo Academo, un eroe di cui non si sa nulla e che ebbe semplicemente la fortuna di dare il nome al giardino in cui la scuola si trovava immersa. Ricordiamo che i Toro, essendo segni di terra, sono noti per la loro esigenza di stabilità, non vedono proprio l’ora di mettere radici. La loro grande pazienza e costanza li premia sempre. Certo un po’ più difficile era la realizzazione di una Repubblica dei filosofi, ma degna di nota è la perseveranza con cui cercò di portare a buon fine il suo progetto. Per altre due volte, Platone tornò in Sicilia, rischiando sempre la vita. La terza era già vecchio, aveva compiuto 77 anni, ma non poteva voltare le sue enormi spalle all’amico Dione, privato di tutti i suoi beni e utilizzato da Dionigi il Giovane, figlio del vecchio Dionigi, come pretesto per convincere Platone a imbarcarsi. E a quei tempi il viaggio in mare Atene – Siracusa non doveva certo essere una nuotata. Ma i Taurini sono leali e hanno un forte senso dell’amicizia, così forte da gettare nel fuoco le poesie fino ad allora scritte e consacrare l’intera vita filosofica alla realizzazione di una società in cui l’ideale di giustizia non si concretizzi nell’utile del più forte, ma in un governo che non metta a morte un uomo perché pensa e insegna a pensare. Si racconta infatti che da giovane Platone scrivesse poesie e che un giorno mentre si stava recando a teatro per una gara poetica, udì Socrate. L’incontro fu un vero e proprio colpo di fulmine.



Eliana Macrì 

giovedì 3 aprile 2014

I Simpson e la filosofia

da una proposta di Rosa La Camera
" I Simpson e la Filosofia" di William Irwin, Mark T. Conard, Aeon J. Skoble.

Secondo Sartre l'autostima deriva in parte dalle parole degli altri. Coloro che ci sono più vicini hanno naturalmente più voce in capitolo. Come la maggior parte dei bambini, Flaubert ebbe il primo contatto con il mondo attraverso i genitori. In superfice sembrava che con loro avesse una relazione affettuosa, ma Sartre osserva che un bambino ha bisogno di qualcosa di più. 


giovedì 20 marzo 2014

Ipazia

La storia ci tramanda tanti nomi di uomini morti in nome della libertà di pensiero, da Socrate a Giordano Bruno, da Thomas More a Giovanni Gentile. Nomi dietro i quali si cela una ragione che non si è piegata alla paura e alla morte, una ragione che non ha mai rinnegato la sua natura “pensante”, una ragione per dirla “alla Foucault” che ha avuto il coraggio della verità. Ma di tutti questi nomi, che sull’onda dei secoli sono giunti al nostro cospetto affinché siano per noi fonte di insegnamento, ce n’è uno al confine tra memoria e oblio, tra le maglie di un intreccio di eventi, testimoniati dalla storia, e di emozioni, conseguenze e cause di situazioni sempre più complesse e complicate che si allontano così tanto dalla loro origine da sembrare di seguire una logica tutta loro, indipendente da noi uomini che le creiamo. Però, capita che in certi momenti storici e nella mente di grandi pensatori quest’intreccio si snodi mostrando nella sua interezza ogni filo di cui si compone e i meccanismi che legano ciascun filo agli altri.

mercoledì 5 marzo 2014

Santippe

Tutti noi conosciamo Socrate, il filosofo del ‘Conosci te stesso’, che vagava scalzo per le strade di Atene alla ricerca dei presunti sapienti cui mostrare che la vera sapienza risiede nel sapere di non sapere. Ma ben pochi conoscono Santippe, o meglio di lei è nota la sua stravaganza e la sua irascibilità, si dice infatti che Socrate stesse tutto il giorno fuori casa a filosofare perché aveva una moglie insopportabile, bisbetica e indomabile. Il filosofo Antistene racconta che Socrate riusciva a fare ragionare tutti fuorchè sua moglie, con lei a quanto pare la maieutica non attecchiva e non riusciva a ricordare alcuna conoscenza pregressa. Ma se è vero che dietro ogni grande uomo si cela una grande donna, forse anche Santippe merita una rivalutazione storica.
Socrate aveva il dono di incantare con la parola chiunque lo ascoltasse e di certo per Santippe galeotta fu la parola quando la udì fra la gente che si affollava nell’agorà. Ma è anche certo che la giovane donna non poteva sapere a cosa andava incontro…  Riuscite anche solo a immaginare come doveva essere stare con un uomo che era in grado di rimanere immobile a pensare giornate intere, senza né mangiare né dormire. 

martedì 25 febbraio 2014

Attualità Kant


“Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza!” era una delle massime illuministiche prese in prestito dal famigerato filosofo Kant, spesso odiato dai liceali perché non capito dalle pagine dei manuali scolastici. Dietro i banchi di scuola, tra le ansie per il voto più alto e l’entusiasmo per il pieno inserimento in quella piccola comunità, chiamata classe, non sempre Kant  riceve la meritata attenzione. 
Crescendo, i più ricorderanno solo qualche locuzione cui attribuire una vaga definizione e quando sentiranno alla televisione il termine ‘trascendentale’ pronunciato dalle labbra di protagonisti di programmi di intrattenimento, sussulteranno e, corrugando la fronte, ricorderanno di quel filosofo prussiano che scrisse le tre Critiche così ermetiche. 
Ma, molto probabilmente, non si chiederanno perché il tipo impomatato, che in quel momento dovrebbe rappresentare veicolo di cultura attraverso uno dei più potenti mezzi di comunicazione, ha chiamato in causa il trascendentale e se lo ha fatto legittimamente. 
È forse questa la fine che meritano tutti coloro che hanno osato pensare e, pensando, hanno condizionato le generazioni a venire? Relegati nei meandri della memoria, pieni di polvere e a rischio tarme. Kant è solo uno dei grandi eroi della storia del pensiero, ma è quello che, sia pure inconsapevolmente, chiamiamo in causa ogni volta che pensiamo con la nostra testa. 
La dignità dell’essere uomini risiede nel pensare avvalendosi dell’unica lanterna di cui disponiamo per far luce, la ragione, con tutti i limiti che le sono propri e che la filosofia non manca di criticare. Da buon figlio dell’Illuminismo, Kant sosteneva che pigrizia e viltà sono le due cause che non permettono all’uomo di uscire dallo stato di minorità, ovvero dall’incapacità di servirsi del proprio intelletto senza erigere altri a propri tutori. “E’ tanto comodo – scrive in “Che cos’è l’illuminismo” - essere minorenni: se ho un libro che pensa per me, un direttore spirituale che ha la coscienza per me, […] io non ho più bisogno di darmi pensiero da me. Purché sia in grado di pagare, non ho bisogno di pensare: altri si assumeranno per me questa noiosa occupazione”.